lunedì 28 dicembre 2009

Diario Segreto di Un Carcere Femminile (1973), di Rino De Silvestro

"Io sono qui per farti parlare..."
"Pure tu sei una di loro?"

Daniela Vinci, la donna di un trafficante di droga, è arrestata e condotta in un carcere femminile, ma lei sembra essere all' oscuro di ogni faccenda. In carcere la ragazza viene avvicinata da Lilly, detenuta per aver preso a sberle due agenti. In realtà la donna è figlia di Carmelo Musumeci, un grosso trafficante di droga, coinvolto nello stesso reato di cui è accusata Daniela. L’uomo viene catturato e ucciso da una banda rivale. In carcere le condizioni di vita sono molto dure. La povera Daniela, viene perseguitata dalle sorveglianti e brutalmente pestata da altre detenute, chiaramente istruite dall’esterno, fino ad essere avvelenata, dopo aver involontariamente fornito a Lilly (che si trova in carcere sotto copertura ed è la figlia di Musumeci) la giusta traccia. Lilly, rivelati i particolari al commissario si dirige con lui, dopo essere stata scarcerata, verso il luogo dove la droga è realmente nascosta. Ma dall’interno del carcere arrivano le contromosse: Daniela muore in seguito all’avvelenamento, e il direttore del carcere, complice della banda rivale di Musumeci, manda una squadra di killer incontro al commissario e Lilly, che moriranno precipitando con l’auto.

Una non troppo morbosa incursione nel genere W.I.P. (woman in prison) di casa nostra. Firmata da uno dei tanti maledetti del nostro cinema. La storia è in realtà intricata e intrigante, e tutta l' architettura regge al notevole sforzo di disegnare caratteri oltre alla semplice esposizione di nudità femminile che pure è presente in abbondanza. De Silvestro prova a fare anche un passo verso la critica sociale e al tratteggio intimo di personaggi femminili: colpi che non sono sparati a vuoto, ma che feriscono solo di striscio. Resta unn episodio (tra i tanti) da non dimenticare, in un cinema che non si fa più con lo stesso coraggio. Michele Baldini

Quando in Italia si facevano i film di genere per davvero c' era Rino De Silvestro che girava un "woman in prison" e ci faceva vedere un sacco di tette/culi ma sviluppava una sottotrama noir niente male sdoppiando le piste e mostrando di avere numeri validissimi anche nell'azione.
Aiutato da un cast generoso e a suo agio nella quantità industriale di nudi che mostra capace di dare vita a un piccolo bestiario criminale femminile con solo pochi elementi totalmente fuori ruolo. Il gioco funziona e molto bene, il finale pessimistico è il valore aggiunto che dà l'ultima pennellata nera ad un lavoro sottovalutato negli anni anche dai più "tarantolati". Fotografia non sempre all'altezza. ITALIA '70. Enrico Prosperi





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lunedì 21 dicembre 2009

Questa settimana niente puntata!


Cari fan di Cinephagus, ci dispiace proprio di darvi questa triste notizia. A causa della terribile pandemia di influenza suina, che ha colto il nostro povero Enrico di sorpresa, non è stato possibile registrare la puntata di questa settimana. Ma niente paura, il peggio è passato e siamo già a lavoro per preparare una fantastica tredicesima puntata della vostra trasmissione preferita (o per chi ci segue su internet un nuovo post del vostro blog preferito).
A lunedì prossimo!

mercoledì 16 dicembre 2009

Rimozione delle puntate arretrate

Gentili utenti di Cinephagus, essendo la nostra una redazione alquanto ricca di idee e di cultura, ma alquanto povera in quanto a pecunia, non possiamo permetterci un server sterminato nel quale caricare all' infinito le nostre puntate.

Per questo si è reso necessario rimuovere le prime dieci puntate di Cinephagus che restano tuttavia a vostra disposizione qualora le richiediate (una o più) a uno dei nostri indirizzi: michele@cinephagus.it oppure enrico@cinephagus.it. Noi ve le spediremo via Megaupload. Basta scrive il titolo del film trattato.

Siete altresì avvisati che d' ora in poi questo sistema verrà adottato ogni dieci puntate.

Ringraziandovi per la vostra cortese lettura vi invitiamo a continuare a seguirci e vi elenchiamo, di seguito le puntate non più direttamente scaricabili da questo sito:

- Vampires
- L' uomo dalla cravatta di cuoio
- Fracchia la belva umana
- Il clan dei siciliani
- La 24 ore di Le Mans
- Speciale Lucca Film Festival
- Lupin III - Il castello di Cagliostro
- Detour
- Non si sevizia un paperino
- La comunidad

lunedì 14 dicembre 2009

Foxy Brown, di Jack Hill (1974)

"Voi occupatevi della giustizia, io mi occuperò della vendetta"
Dopo aver perso il compagno per mano di una gang di malfattori bianchi, dediti allo spaccio di droga e alla prostituzione, foxy brown, donna afroamericana, forte e indipendente cerca vendetta, dopo essere riuscita a saperne di più grazie alle dritte del fratello, già di per sé un poco di buono. Riuscirà nel suo scopo grazie anche all' aiuto di un gruppo di pantere nere.

Ci sono pellicole, il cui valore non sta tanto nel tocco registico, nell' originalità della storia, nella limpidezza della fotografia, nel trasporto che suscita la colonna sonora, ma nell' aria che ti fanno respirare. Il caso di Foxy Brown è emblematico. Tutto ci porta negli anni 70. Un vortice psichedelico di colori, musica soul, macchine da sballo e un mondo alla rovescia, che, allora, forse, senza nemmeno prendersi troppo sul serio, pareva possibile. In cui i neri hanno giustizia, la donna è veramente emancipata, e l' azione sacrifica i momenti drammatici, nei quali oggi si spenderebbe più di metà della trama. Back straight to Black! Michele Baldini

Le regole del divertimento e dell'azione non concedono soste; nè per riflettere su spunti sociali, nè per soffermarsi su atti violenti (che nell'economia del film hanno solo valenza grafica). Jack Hill (W.A.S.P.) sa certo farcela spassare con utilizzo di costumi alla moda, auto cool, tette della Grier, inseguimenti, pulp-vintage, bianchi cattivissimi e gran-funky in sottofondo. Forse non tutti gli afroamericani possono essere daccordo con questa visione, ma con rispetto: "chissenefrega questa é blaxploitation e i colori vincono". Menzione d'onore per Antonio Fargas e Sid Haig. CALEIDOSCOPICO. Enrico Prosperi




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lunedì 7 dicembre 2009

Ichi The Killer (Koroshiya Ichi), di Takashi Miike (1999)

"Ognuno di noi ha una parte sadica e una masochista, ma questo...
Questo Ichi sembra completamente sadico.
Quanto mi piacerebbe incontrarlo"

Il capo di Kakihara, Anjo, viene assassinato in maniera particolarmente violenta e le prove dell'omicidio vengono completamente rimosse da un misterioso gruppo di persone. Kakihara ha l'assoluta certezza che Anjo sia ancora vivo e si mette sulle sue tracce. Durante le sue ricerche, lo yakuza incontra un vecchio soprannominato Jijii che lo indirizza dalla persona sbagliata. Jiji in realtà manovra attraverso una strana forma di suggestione psicologica Ichi, un ragazzo mentalmente disturbato che davanti alle scene di sesso anziché eccitarsi normalmente si trasforma in un killer efferato. Tra mille scene di assoluta e gratuita violenza il film si risolve con la resa dei conti finale tra Ichi e Kakihara, quest' ultimo quasi ansioso di morire tra dolori atroci.


Ci sono storie come questa in cui la truculenza (Tarantino docet) riesce comunque a divertire, sempre che la si guardi con occhi abituati e stomaco forte. Ichi the Killer però non vuole far ridere nessuno al di là delle apparenze. Ichi the Killer parla della mostruosità della mente, della perversione e del crimine attraverso le inquietanti avventure di un assassino psicopatico con la sindrome di peter pan, un sadomasochista che amava il proprio boss perché gli provocava dolore, un misterioso ometto dimesso che si rivela in realtà il deus ex machina dell' intreccio. Soltudine, infanzie infelici. Sfondo metropolitano. Quasi sempre notte. Come al solito la visione occidentalista del giappone subisce una inevitabile e inarrestabile distorsione. E' lo spettro di Hiroshima. Michele Baldini


Il killer numero 1, il piu' psicolabile/patico, il piu'sadico di tutti; il gangster numero 1, il piu' disturbato, il piu' sado-masochista di tutti; il palazzo della malavita crocevia delle nefandezze della città dove le peggiori deviazioni sono consuetudine; il piu' prolifico dei registi in circolazione (minimo 5 lavori l'anno). Ricetta ricca, ispirata (in tradizione giap.) ad un manga censurato preesistente. Riflessione sul piacere ed il dolore a tinte fortissime. Uno dei film piu' esagerati che ci siano in circolazione: barocco nelle citazioni cinefile, ridondante nelle scene sanguinarie, vorticoso nel ritmo martellante. Di sicuro non puo' lasciare indifferenti, ma alla fine della mise en scene si rimane:
A-estesiati
B-divertiti
C-scossi
D-eccitati
E-sconvolti
F-tutto insieme
A voi (e al vostro analista) l'ardua sentenza.
ESTREMO ORIENTE. Enrico Prosperi





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