martedì 13 aprile 2010

Cronache dei Morti Viventi (Diary of the Dead), di George A. Romero (2007)

"sparate alla testa! sparate alla testa!"

Jason, uno studente di cinema della Pennsylvania vuole realizzare un film horror indipendente da presentare alla mostra scolastica assieme ai suoi amici Debra, che è anche la sua ragazza, Tony, Tracy, Eliot, Ridley, Gordo, Paduma e al suo insegnante con problemi di alcool, Maxwell. I ragazzi decidono di girare quindi un video su la mummia, iniziando le riprese in un tetro bosco. Ma dopo qualche ciak, accade qualcosa e accendendo la radio sulla loro Winnebago (un camper), ascoltano preoccupati dei radiogiornali che parlano di scontri in città ed in tutto il Paese, atti di violenza improvvisi e disordini scoppiati senza una apparente causa. E' un ennesimo ispiegabile attacco di morti viventi assetati di carne umana.

A seguito di recidive sperimentazioni finto-amatoriali, dogmiche (Von Trier), radical chic alla Soderbergh che scimmiotta il cinema independente (vedersi l' imperdonabile Full Frontal), Romero, che come sempre se ne sbatte dell' etichetta, realizza un fior fior di capolavoro. Spuntano da un cilindro pieno di trovate attimi di immenso cinema di genere (computer grafica eccellente), critica sociale venata come al solito di dissacrante ironia (lo squadrone di neri, l' episodio della guardia nazionale), riflessione sul cinema e sull' immagine. Attraverso un rigore formale coerente ed impeccabile Romero riesce ad essere ecumenico e non può non piacere a tutti, pur odiando tutti. Michele Baldini

Straordinario Romero, ormai uno degli ultimi cineasti fedeli al proprio rigore morale e visivo. Un film girato da un settantenne ma piu' attuale di quelli dei nostri trentenni. Il mitico George va dritto al sodo e questa volta affronta la questione dell' informazione globale ai tempi di you tube, come sempre in chiave morto-vivente; si aggiorna sui nuovi effetti speciali digitali e li piega alla sua fantasia satirico-orrorifica (ci sono un paio di uccisioni di zombi da antologia), cita sé stesso, i suoi emuli, i classici dell'horror, ma soprattutto fa riflettere gli spettatori come e forse piu' che in passato. Subito bypassata l'ipotesi del film alla moda tipo REC, narra una storia di morti viventi come neanche lui stesso aveva mai fatto e nonostante la confezione, che potrebbe sembrare grezza, non lascia la mininima piccolezza al caso, non si concede nessuna distrazione dal giustificare, in linguaggio da reality, qualsiasi inquadratura per andare a finire dove tutto iniziò tanti anni fà (un assedio di zombi). GIGANTESCO. Enrico Prosperi.



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martedì 6 aprile 2010

Rififi (Du Rififi chez les Hommes), di Jules Dassin (1955)

Tony, detto il Laureato, è appena uscito di prigione, dove ha scontato una condanna di cinque anni. Radunata una banda di complici, organizza un audace colpo ai danni di una gioielleria. Il bottino fa gola a tutto l'ambiente della mala ed inizia così una lotta all'ultimo sangue tra le gang rivali: "le rififi", una rissa senza esclusione di colpi per le strade di Parigi.

Il classico dei classici dei Polar. Ne consegue che più o meno tutto riguardo al film è già stato detto e scritto. Vale però la pena ricordarne alcuni spunti, non solo degni di nota, ma soprattutto pietre miliari del cinema da "colpo grosso". Fulmineo a tratti, altre volte didatticamente didascalico offre le sue vette nella scena della rapina, 12 minuti di silenzio totale, pieni di suspense, e nel finale, quando Tony, morente, riporta a casa il figlioccio. Lo stesso Godard, cinque anni dopo, attingerà a piene mani per il suo "A Bout de Suffle" dalla pellicola di Dassin. Michele Baldini

Imprescindibile fonte per chiunque abbia girato in seguito un film di rapina o meglio di "colpo grosso"; scandisce le tappe fondamentali della narrazione di questo genere: presentazione sommaria ma ben caratterizzata dei personaggi, formazione della banda, pianificazione del colpo, realizzazione della rapina, spartizione del grisbì ed eventuali complicazioni. Film sincopato che alterna momenti di stanca a grandi scene di tensione ed esterne che rivelano la maestria dell'espertissimo Dassin. Bogartiana l'interpretazione di Jean Servais, interessanti i tagli avvenuti nel nostro Paese allo scopo di nascondere l'origine italiana di alcuni delinquenti e alcune forme troppo debordanti delle bellissime attrici del cast. Formativo. Enrico Prosperi


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