lunedì 19 ottobre 2009

Il Clan dei Siciliani (Le Clan des Siciliens), di Henri Verneuil, 1969

"Sa perché ho sparato la prima volta?
Perché mi stavano venendo addosso nonostante le mie pistole"

Don Vittorio Manalese, boss siciliano trapiantato a Parigi, e la sua famiglia, si avvale della collaborazione di Roger Sartet, detenuto evaso per mettere a segno il colpo del secolo, a una mostra itinerante di gioielli. Il primo sogna di tornare nella sua amata terra d' origine, il secondo cerca la fuga e la salvezza in Messico. Il commissario Le Goff proverà a contrastare l' operazione ma saranno altri i motivi del fallimento.

Un tris d' intoccabili, Jean Gabin, Alain Delon e Lino Ventura del cinema francesce. Una produzione importante affidata alle sapienti mani di Verneuil che mette in scena un bel romanzo di Auguste Le Breton, in cui convivono azione incalzante (con assoluta assenza di violenza esplicita) e tutte le raffinatezze registiche caratteristiche del cinema d'oltralpe. Ottime soprattutto alcune scelte d' ambientazioni, come l' officina di flipper del boss Manalese e le numerose riprese aeroportuali. Riuscitissimo lo studio sui personaggi di Gabin (Manalese) e Sartet (Delon), meno il commissario Le Goff, salvato ugualmente dalla solita limpida prestazione di Ventura. Bellissima e (suo malgrado) fatale Irma Demick. Imprescindibile la parte del boss americano Tony Nicosia interpretata da un redivivo Amedeo Nazzari. Michele Baldini
Henri Verneuil ci mostra come si intende il poliziottesco in Francia alla fine dei sessanta: violenza si ma sotterranea, storie di persone maledette, codici d'onore criminale e una certa ammirazione per la "mala". Grandi gli interpreti: Delon strabello e maledetto, Gabin a suo agio in veste sicula, Ventura mascella d'acciaio, Nazzari emigrante affermato.
Si nota la precursione del genere Airport, grazie al budget che si nota essere di tutto rispetto. Da segnalare la colonna sonora del Maestro Morricone. POLAR. Enrico Prosperi


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