lunedì 29 marzo 2010
Ci sono cose che voi umani...
Purtroppo, circostanze strane, equivoche e bislacche ci hanno impedito questa settimana di andare in onda con la consueta trasmissione. Ne siamo solennemente dispiaciuti. Tuttavia non abbiamo voluto rinunciare alla pubblicazione del consueto post del lunedì, nel quale, di seguito, tratteremo i precedenti che hanno provocato il riprovevole accaduto.
Tutta la settimana, gli impegni di lavoro (?) di Michele e di Enrico (inviato per conto di Indie-eye al Korea Film Festival di Firenze) sono stati molto impegnativi, rendendo impossibile la vbisione del film settimanale nelle giornate di lunedì, martedì, mercoledì e venerdì.
Giovedì, che si era rivelato l' unico giorno disponibile, ci siamo inchinati allo strapotere mediatico di Raiperunanotte trasmessa da Europa 7, della quale di seguito ve ne diamo il forse più geniale spunto.
Vi aspettiamo infine per le prossime puntate, dalla prossima settimana, per le quale promettiamo di impegnarci moltissimo, e di ricavare quanto più tempo possibile dai nostri impegni per diffondere con religiosa virtù il pensiero cinefago.
Tutta la settimana, gli impegni di lavoro (?) di Michele e di Enrico (inviato per conto di Indie-eye al Korea Film Festival di Firenze) sono stati molto impegnativi, rendendo impossibile la vbisione del film settimanale nelle giornate di lunedì, martedì, mercoledì e venerdì.
Giovedì, che si era rivelato l' unico giorno disponibile, ci siamo inchinati allo strapotere mediatico di Raiperunanotte trasmessa da Europa 7, della quale di seguito ve ne diamo il forse più geniale spunto.
Vi aspettiamo infine per le prossime puntate, dalla prossima settimana, per le quale promettiamo di impegnarci moltissimo, e di ricavare quanto più tempo possibile dai nostri impegni per diffondere con religiosa virtù il pensiero cinefago.
lunedì 22 marzo 2010
Il Seme della Follia (In the Mouth of Madness), di John Carpenter (1995)
"Lei non legge?"
Alla ricerca dello scomparso Sutter Cane, autore di romanzi horror “che vendono più di Stephen King”, il detective assicurativo John Trent riesce dopo accurate ricerche in compagnia della bella Linda Styles, redattrice dello scrittore, a trovarlo nella cittadina apparentemente immaginaria di Hobb's End, visto che non figura nelle carte geografiche ufficiali, ma è lì che sono ambientate le storie di Cane. Una volta arrivati però, tutto inizia a mischiarsi tra la realtà e la fantasia, diventando la realtà stessa un romanzo e viceversa... Fino alla fine del mondo.
Si possono vagliare varie teorie a riguardo, ma tutte portano ad un bivio. Questo film significa qualcosa... o non significa un bel niente. Il bello è che dopo un iniziale shock, post-visione, si tende ad apprezzare ben altri aspetti, e a dare al film ben altri significati. E' comunque Carpenter il creatore e il regista di questo mondo fantastico, filtrato attraverso gli occhi dello scrittore Cane. Ci lascia penetrare in un gioco a scatole cinesi, di cui alla fine anche lui, forse, perde il controllo, fermo restando che la cosa possa essere involontaria, e ci regala comunque un insieme di visioni, deliri, trovate e soluzioni a dir poco fantasiose. La visione ideologica, se c' è, è estremamente pessimista e ce n' è veramente per tutti: letteratura di consumo, assicurazioni, massa ignorante, religione, grandi e piccini. Il circo Carpenter ci stupisce con effetti speciali. Michele Baldini
Il grande Carpenter si misura con il vate di Providence. Mai e poi mai mi azzerderei a criticare colui che ci ha dato Distertto 13, 1997, Vampires, Ghost from Mars e altre fantastiche cavalcate nel mondo dei generi shakerati e nelle colonne sonore originali. Però questo film va preso con le molle: belle critiche ai mass media, ottimi effetti speciali, deliranti scene onirche di varchi dimensionali, intelligenti spunti di giochi di specchi, sulla narrazione che genera sé stessa, ma ad un certo punto l'intreccio che si nutre di trama diventa maniera e si ripiega in vortice confuso e troppo enigmatico, si fa poco chiaro e si perde la caratteristica peculiare dell' autore ovvero la scorrevole e istantanea fruibilità delle sue opere. Comunque C. esce a testa alta dal confronto con Lovecraft che al cinema ha creato problemi a quasi tutti quelli che hanno cercato di sceneggiare i suoi contagiosi deliri. Sam Neill come sempre è a suo agio nei ruoli che portano alla follia. Track di apertura e chiusura metallona di statura epocale. AMBIZIOSO. Enrico Prosperi
lunedì 15 marzo 2010
L' Ululato (The Howling), di Joe Dante (1981)
"esistono gruppi di persone,
esseri che vivono tra noi,
che non sono uomini, né animali..."
esseri che vivono tra noi,
che non sono uomini, né animali..."
La giornalista Karen White si occupa di un serial killer che lascia piccoli "smile" adesivi sui luoghi del delitto. Fissa con lui un appuntamento, per fare l' esca, ma ne rimane profondamente scioccata. Decise, su consiglio del Dott. Waggner, di prendersi una vacanza per rilassarsi presso una casa in campagna denominata "La Colonia" assieme al marito. Ma l' incantevole luogo, è in realtà un branco selvaggio di licantropi.
Imperfetto eppure pieno di fascino, il film reinagura il genere licantropico con nuova vitalità, riempiendosi di make up anni 80 (il mostro uomo-lupo è veramente spaventoso) e di ironia, spesso sottovalutata, rivolta nella fattispecie alla televisione-verità. Troppi i riferimenti cinefili e le allusioni sociali per enumerarli tutte, basta ricordare che Dante ha un solo difetto, prestare più attenzione ai dettagli che alla storia. Michele Baldini
Il Dante americano è ironico e socio/critico forse piu' del nostro. In questo fumettone a sfondo lupesco che sembra solo un divertissment funzionale a tre trasformazioni licantropiche tanto innovative quanto raccapriccianti, coglie la palla al balzo e inserisce le sue classiche "sparate ad alzo zero" su società americana e sopratutto comunicazioni di massa che già all'epoca erano in piena esplosione mondiale. Con il suo stile da cartoon esprime anche la convinzione che tutto comunque gira intorno al sesso anche le questioni mannare. Poca tensione che non va a scapito dell'orrore; i mostri fanno veramente paura solo a vederli anche se per essere ferini sono un po' lenti ed impacciati. Scena di amplesso silvestre con trasformazione sul piu' bello assolutamente mitica. UUHHUUUUU. Enrico Prosperi
lunedì 8 marzo 2010
Spaceman contro i Vampiri dello Spazio (Kotetsu No Kyojin - Kaiseijin No Majyo), di Teruo Ishii (1957)
"Le potenze interstellari dalle quali sono incaricato
mi hanno ordinato di proteggere l' universo
e di farvi regnare la pace"
mi hanno ordinato di proteggere l' universo
e di farvi regnare la pace"
Spaceman combatte contro una razza aliena in procinto di conquistare la Terra. Rapimenti di scienziati, mostri e dischi volanti sfreccianti nel cielo popolano una vicenda che è un pretesto per consentire all'eroe di fare sfoggio delle sue eccezionali capacità. Il protagonista è Spaceman, il singolare super-uomo proveniente da un'altra galassia per dare aiuto al nostro pianeta. Vincerà la sua sfida, allontanando per sempre il nemico.
Il nonno dei Power Rangers combatte e si batte nonostante il tempo porti con sé un po' di acciacchi, anzi, parecchi. Ma non perde quell' alone di ingenuità turbato comunque da una reale paura (o fascino proibito?) dell' altro, del diverso, dell' invasore, del mostro. Il che è facilmente spiegabile con il ricordo atomico di nemmeno quindici anni prima, che pesa come un elefante in bicicletta. Lo spettro, l' alieno, il vampiro (come li chiamiamo noi europei, anzi noi italici, il titolo internazionale è Invaders from Space) sono il male, contrapposto al bene che inevitabilmente vince, ed il bene nella fattispecie è il tipico concetto nippponico uomo-stato, che fonde amore, lavoro e patria, in nome del futuro della propria nazione. Michele Baldini
Due bombe atomiche sono un boccone amaro da mandar giu' e un malefico demone da esorcizzare. In Giappone nei cinquanta le direttive erano: patria, lavoro, famiglia e tecnologia: per rilanciare un paese fortemente "scottato" dalle alleanze sbagliate e indebolito dal conflitto finito nei tragici epiloghi che tutti conosciamo. In questa raccolta di telefilm gli autori hanno perfettamente riassunto quelle che si credono essere le fobie piu' pressanti nel periodo inserendole in opere che al primo approccio possono sembrare per "ragazzi" ma comunque in sé hanno tutte le caratteristiche della cinematografia orientale in generale, ma sopratutto giap. Per quanto possono essere strabilianti e a volte strampalate le premesse (fanta)scientifiche, elaborati e sinuosi i costumi e armoniose e marziali le coreografie di combattimento; tanto è ricercata la rigorosita' della messa in scena e la ricerca delle migliori tecniche di ripresa con delle trovate semplici ed efficaci. Questa apparente ambiguità filologica non è tale per i niponnici, non fa altro che rispettare lo spirito di un popolo che è sempre stato in bilico tra il lasciarsi travolgere dllla curiosità per la cultura "aliena" occidentale e il rigoroso rispetto delle proprie tradizioni millenarie ed un fortissimo spirito identitario. Volare nallo spazio come Spaceman rimanendo ancorati a terra come insigni studiosi accademici. CHIAVE DI LETTURA. Enrico Prosperi
lunedì 1 marzo 2010
Apocalypse Domani (Cannibal Apocalypse), di Anthnoy M. Dawson (Antonio Margheriti,1980)
"Voglio sapere che tipo è:
è un terrorista, un sovversivo, un pazzo, un rapinatore,
un maniaco sessuale o che altro?"
"Un veterano del Vietnam,
in permesso diurno dal manicomio..."
"Accidenti, allora è una brutta rogna!"
è un terrorista, un sovversivo, un pazzo, un rapinatore,
un maniaco sessuale o che altro?"
"Un veterano del Vietnam,
in permesso diurno dal manicomio..."
"Accidenti, allora è una brutta rogna!"
Il capitano Hopper salva due commilitoni dall' inferno del Vietnam, nel quale i due erano diventati cannibali. Anni dopo, il soldato Bukowski lascia la clinica psichiatrica nella quale è internato assieme al soldato Thomson per un permesso diurno e chiama il suo vecchio capitano. Questi tuttavia preferisce non vederlo, innescando nello psicolabile un nuovo istinto cannibale, che lo porta a scontrarsi contro una gang e la polizia all'interno di un supermercato. L' intervento di Hopper fa sì che Bukowski torni in clinica, dove tuttavia si scopre che in realtà è un virus, per giunta trasmissibile attraverso graffi e morsi dei contaminati, a determinare l' irrefrenabile desiderio di carne umana. Ne resta quindi contagiato anche Hopper stesso e una dottoressa, che insieme agli altri due fuggono dalla clinica attraverso le fogne in cerca del primo volo per il Vietnam...
Margheriti, in un sottile (ed ambiguo) equilibrio tra idiozia, citazione e entertainment a basso costo, architetta una semplice ed efficacie messa in scena del massacro. La tecnica solida, con cui affronta la regìa, tiene bene in moto i meccanismi della suspense e dell' azione, mescolando allo stesso tempo Rambo con Apocalypse Now da un lato e i Mondo Movies e Cannibal Holocaust dall' altro. Laddove il film può poi apparire (o vorrebbe essere) impegnato ad una prima e superficiale lettura (il tema dei reduci) è proprio in tutt' altri campi che emerge una sana e dissacrante ironia. Nonché un raffinato esercizio di esaltazione dei dettagli. Passano in rassegna la morbosità mai esplicita (i rapporti del capitano con la vicina minorenne), la raffigurazione stereotipo della Gang che avvia la lunga sequenza del supermercato, preceduta da una citazione nonsense in cui Bukowski (vogliamo dirne il nome di battesimo: Charlie?!) va al cinema, di mattina, a vedere un film di guerra, fino alla fedifraga ed equivoca storia che la moglie del capitano (diciamolo, è John saxon) intraprende con un vecchio amico dottore. Dante e Tarantino lo adorano, la critica lo ha sempre neutralizzato. Ego Absolvo. Michele Baldini
Altro bis d' annata per Margheriti: piu' bis nel titolo che nei contenuti. Prova sperimentale che da il via al mash-up di generi con contorni di musiche avulse dai temi trattati. Un po' cannibal, un po' Rambo (in anticipo), un po' metropoliziesco. Il buon "Dowson" con la scusa del "commercialone" si diverte non poco con uno script veramente innovativo, uno splatter contenuto e una carica erotica meno esplicita rispetto ai contemporanei ma non meno micidiale; si può parlare di sensualità, che, però, innesca sempre l'istinto cannibale dei protagonisti ed una divisione in contenitori spazio temporali a dir poco sui generis. Cast azzeccatissimo, uno su tutti Giovanni Lombardo Radice, vera icona dell' horror di casa nostra, interprete della scena storica del film (buco nel torso a colpi di pallettoni nelle fogne di Atlanta). ORIGINALE. Enrico Prosperi
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