lunedì 8 febbraio 2010
I Guerrieri della Palude Silenziosa (Southern Comfort), di Walter Hill (1981)
"E' molto semplice:
noi viviamo qui, questa è la nostra casa
e nessuno può romperci i coglioni"
noi viviamo qui, questa è la nostra casa
e nessuno può romperci i coglioni"
Nel 1973 una pattuglia della Guardia Nazionale della Louisiana si perde in una palude durante un' esercitazione. Quella che poteva essere una scampagnata diventa un incubo, in cui i cacciatori di frodo di etnia cajun tendono una serie di imboscate fatali ai malcapitati volontari.
A parte il fatto che scrivere una storia del genere, e ambientarla in un posto del genere può già dirsi un miracolo, il film ha un tiro irresistibile, ritmicamente esemplare (perfetti gli equilibri tra la costruzione della suspense e l' azione pura) con personaggi folli oltre ogni limite, e quindi reali. Un modo di intendere l' antimilitarismo assolutamente originale, se si considera poi soprattutto quello che la Guardia Nazionale rappresenta, ovvero la "pancia" dell' America, bigotta e reazionaria, che si confronta, uscendone totalmente sconfitta con uomini fuori dal tempo e dallo spazio, figli di una cultura aliena, che rifituta l' integrazione e quindi l' omologazione. Ma non per questo buoni. Una bellissima pellicola di uomini molli per uomini duri. Michele Baldini.
Rigurgiti di coscienza americana; quando il nemico è a 30 km da casa e lo stato pensa a guerre oltre oceano. Cupa riflessione sull'imperialismo, il "destrismo" dell'americano medio e sull'inutilità delle armi. Rara eccezione "civile" nella filmografia del maestro Walter Hill, protagonista del film Il Delta del Mississippi, con le sue paludi, autentico inferno dentro i confini della patria: antagonisti una pattuglia di soldati della domenica (Guardia Nazionale Americana sinistramente simile alle ronde nostrane) di estrazioni, caratteri e idee completamente diverse. Narrazione asciutta, dialoghi scarni, a volte troppo elementari, funzionali però al crescendo esponenziale di tensione fisica e psicologica, e la presenza, per i due terzi del film, ectoplasmatica dei cajun che creano a poco a poco un lento distacco dalla realtà,trascinando soldati e spettatori in un incubo a occhi aperti, crepuscolarmente fotografato da Andrew Lazlo. Lo schema classico (caro all'autore) dell'anabasi di Senofonte culmina in un finale da antologia del cinema che tira in tensione letteralmente fino all'ultimo fotogramma. Liquido e autoctono il monumentale commento sonoro di Ry Cooder. Enrico Prosperi.
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