lunedì 4 gennaio 2010
Se Sei Vivo Spara (1967) di Giulio Questi
"Non vi basta quello che è stato fatto? Siete marci, più marci di qualsiasi cadavere!"
Salvatosi grazie all' aiuto di due indiani da una resa dei conti dopo una rapina, in cui tutta la sua banda è stata uccisa, lo straniero (senza nome ovviamente) medita vendetta. Raggiunge così il villaggio dove si trovano i suoi nemici, ma qui, al contrario, i nemici sono ben altri. I malviventi vengono presto sgominati dagli abitanti del villaggio stesso, che si appropriano del bottino. Lo straniero deve ora guardarsi dalla riluttanza che questi abitanti, cinici, avidi, ipocriti, razzisti e violenti gli riservano. In un "tutti contro tutti" finale, senza regole e senza "buoni", per accaparrarsi l' oro in palio, l' unico a sopravvivere sarà però lui, anche se senza bottino.
A metà strada fra Leone e Jodorowski, il lavoro di Questi (o per meglio dire Questi-Arcalli, visto che la coppia ha stabilmente lavorato assieme, il primo alla regia e il secondo al montaggio, vero "co-protagonista" delle pellicole) tende a sublimare l' epopea del west in uno scontro di diverse mostruosità, di aberrazioni della società contemporanea e non, come l' avidità (soprattutto), l' omosessualità, l' ipocrisia, il cinismo. Lo stile, non impeccabile, è dunque eccessivo, e risente, forse, del tempo in cui "se sei vivo spara" ha visto la luce, visti alcuni momenti psichedelico-mistici (il rinvenimento de Lo Straniero), e un montaggio moderno e modernista, quasi godardiano, che tuttavia risulta decisamente "spaghetti-vague". La storia, a tratti lacunosa o fallace, l' inverosimilità di alcune scene (l' oro che si fonde con un incendio cola da uno sportello di legno che resta intatto), la discontinuità ritmica della narrazione, sono alla fine compensate dall' iperrealismo ultraviolento che anticipa le pellicole crepuscolari del genere western (da "Il Mucchio Selvaggio" in poi), da un Milian-Ferruccio Amendola che dove lo metti sta e da una "scorrettezza" di fondo, che è ciò di cui è più ricco (e rivelatore) il film. Sperimentale "nel" genere, e, se dio vuole, non ancora "di" genere. Michele Baldini
Come sarebbe stato lo spaghetti western se avesse "vinto" la coppia Questi Arcalli? Meno primi piani, niente dilatazione dei tempi, niente respiro epico. Avremmo avuto: montaggi ardimentosi, ritmo allo spasmo, soluzioni di continuità non troppo rigorose, soggetti piu' inerenti al periodo storico di stesura che a quello di ambientazione, licenze poetiche poco ortodosse, ma di sicuro effetto. C'e tutta la libertà espressiva e non, che si respirava negli anni di lavorazione: voglia di fare "cappelloni" e parlare di capitalismo che avanza, avidità del genere umano, di società che cambia, di diversità da accettare e di diversità che si impongono con la forza. Il risultato è buono, ma non troppo digeribile per gli amanti della vecchia frontiera. Il lavoro di montaggio di Kim Arcalli (quasi da videoclip) non è l'unico tesoro del quale qusto lavoro è stato saccheggiato, anche in tempi recenti. Finale piu' simbolico che credibile. PIONIERI DEL WEST. Enrico Prosperi
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