lunedì 11 gennaio 2010

Le Fatiche di Ercole (1958), di Pietro Francisci

"Ora ho capito, tu sei Ercole di Tebe! A Iolco si aspettano grandi cose da te!"

Ercole si dirige a Iolco, invitato dal re Pelia per insegnare l' arte delle armi a suo figlio Ifito. Il re è in realtà un usurpatore ma Ercole saprà alla fine sciogliere l' inganno. Nel frattempo si cimenterà in alcune delle sue fatiche ed accompagnerà il legittimo erede al trono Giasone alla ricerca del vello d' oro...

Il mito si rinnova e si adatta sulla misura di chi lo interpreta. Ercole è, per sempre, il paladino del vero e del giusto, e difende i giusti con la forza e l' ingegno. Cosa può importare se la filologia è ampiamente messa da parte (si mescolano addirittura due saghe, quella delle fatiche di Ercole e quella degli Argonauti), se i nomi dei personaggi sono inventati o confusi, e se tutti sono buoni o cattivi al 100%, quando Bava fotografa alla sua maniera (ovvero magnificamente) le magniloquenti scenografie riciclate a costo zero dai set dei kolossal americani, quando succedono talmente tante cose in un' ora e mezza che potrebbero bastare per un telefilm in una produzione contemporanea (e del resto Ercole è diventato poi anche un telefilm), quando si respira il vento (in poppa) di Cinecittà degli anni 50, che ci spinge verso le coste della Colchide girate a Terracina, attraverso le consuete cascate di Monte Gelato? Michele Baldini

Nel 1958 Pietro Francisci fissa le coordinate del peplum, "genere" destinato a spopolare e deragliare nel giro di 7/8 anni; lungometraggi a basso budget che riciclano sia set e costumi di film storici che miti greci studiati a scuola. Opera votata al divertimento puro, che, aggiungerei, giustamente si disinteressa dell'inerenza alle "versioni" greche e latine, ma ne sfrutta l'afflato avventuroso e il coinvolgimento emozionale che hanno sempre avuto da millenni sul pubblico. Steve Reeves, bravo ragazzone americano risulta uno dei migliori Ercole di sempre, unendo all'ovvio sfoggio di forza e muscoli d'acciaio, dei bei movimenti fluidi e dinamici ed un'interpretazione disinvolta e capace a differenza di molti suoi successori discretamente imballati. La regia è scorrevole e valorizza le campagne laziali indorandole di miticità classica, aiutata dal talento visivo di Mario Bava (fotografia) che negli interni si sbizzarrisce estraendo eleganza da qualsiasi immagine e dirigendo effetti speciali sempre credibili; tutto è basato sulle solide colonne doriche costituite dalla scrittura di Ennio De Concini, Carlo Fratini e del regista. Lancio dell'allora starlette Silva Koscina. PICCOLI TITANI. Enrico Prosperi




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